MATERA 2019, LUOGO
DI PRODUZIONE CULTURALE E DI IDEE PER IL FUTURO DELL’UOMO
E’ con una certa
emozione che mi accingo a commentare uno straordinario strumento di
politiche quale è il rapporto annuale di Federculture. Emozione
derivata dal ruolo che la mia città, Matera, potrà e dovrà avere nei
prossimi anni per questo straordinario avvenimento da noi fortemente
cercato e desiderato, che è il titolo di capitale europea della
cultura per il 2019.
Un titolo che non
sentiamo nostro, ma innanzitutto di tutto il nostro Paese, oltre che
ovviamente di tutta la Regione Basilicata e di tutto il sud d’Italia
e d’Europa.
Un titolo che è
giunto insieme atteso ed inaspettato, costruito con percorso che ci
ha visti a fianco di altre 21 città italiane, di cui 5 sono state e
sono nostre sorelle in questa sfida collettiva per il futuro che si
chiama cultura.
Vedete: con i
dossier di candidatura di Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna, Siena,
oltre che con il nostro, le nostre città hanno fatto un grande
investimento.
Ma non tanto e non
soltanto economico, ma soprattutto sociale: abbiamo coinvolto
tantissimi cittadini, scuole, associazioni culturali, mondo del
terzo settore, imprese, istituzioni del territorio: abbiamo insomma
costruito insieme quello che gli esperti chiamano CAPITALE SOCIALE.
Un capitale che non
deve essere disperso, e che tutte le città mettono a disposizione
del sistema Paese , e che noi come Matera 2019 siamo pronti a
supportare in favore di Italia 2019 come modello. Uno strumento
sostenuto da una legge che fortemente abbiamo voluto prima del
verdetto della giuria e che si propone di sostenere i progetti di
tutte le città che hanno partecipato alla competizione come un vero
e proprio programma nazionale.
Ma quale idea di
cultura è contenuta nel dossier di candidatura di Matera 2019?
Perché, vorrei
ricordarlo a tutti con chiarezza, la competizione per capitale
europea della cultura non è un concorso di bellezza, non è come miss
Italia.
Con due Dossier
bisognava convincere una giuria indipendente di tredici membri che
la città candidata ha in mente una proposta innovativa, condivisa
con la maggior parte dei cittadini e di interesse per l’intera
comunità europea.
Ebbene il nostro
dossier è in forte sintonia con quanto emerge dal rapporto di
Federculture:
-
esprime innanzitutto una forte visionarietà nel programma
artistico, dal profondo respiro europeo e di grande interesse per
tutti gli stati membri;
-
associa al programma una concretezza estrema per quanto
concerne gli strumenti finanziari;
-
ha previsto e messo in campo una grandissima partecipazione
da parte dei cittadini.
-
È un vero e proprio piano strategico e dunque un progetto
politico fortemente partecipato.
Tutto questo è stato
reso possibile da un team internazionale fatto da giovani, all’80%
materani, molti rientrati da altre parti d’Europa per l’occasione,
coadiuvati dal nostro direttore di candidatura, Paolo Verri, ben
noto per aver diretto, oltre al Salone Internazionale del Libro,
soprattutto il piano strategico di Torino che già 15 anni fa mise al
centro dello sviluppo della prima capitale d’Italia i temi della
cultura e del turismo.
Ma il tocco in più
l’abbiamo avuto da un giovane talento pienamente europeo, quel
Joseph Grima nato a Avignone, di origini maltesi, madrelingua
inglese, architetto, designer, filosofo, direttore della Biennale di
Chicago, membro del NewsMuseum di New York e selezionato dal nostro
comitato scientifico tra circa 80 candidati che hanno inviato on
line i loro curricula.
Perché insisto su
questo mix di risorse umane? Perché simboleggiano una generazione
che crede nell’Italia, che crede nella cultura, e che ci crede
a partire dal sud! Risorse umane selezionate con metodo
trasparente e senza intromissioni politiche … Al management infatti
abbiamo assicurato la più larga autonomia.
Questi giovani, la
gran parte donne, lavorano in una comunità “aperta”, ben legata al
nostro tema di candidatura, “Open future”, che usa il tema “open”
come vox media, da un lato mettendo al centro il tema degli “open
data” – rispetto ai quali la nostra città quest’anno ha ricevuto già
alcuni importanti riconoscimenti pubblici – ma anche il tema
dell’open source, l’incrocio importante tra tecnologie, formazione e
patrimonio che non caso un altro direttore di candidatura, Pier
Luigi Sacco, in uno dei più significativi contributi al Rapporto di
Federculture mette al centro della propria proposta intellettuale.
“Open” per
noi significa possibilità di ibridarci, di ripensarci, di
contaminare e farci contaminare. Di mettere a disposizione la nostra
storia, il nostro passato, il nostro paesaggio, come luogo in cui
costruire nuovi modelli di società. Noi pensiamo che la cultura non
sia un surrogato dell’economia, ma – mi piace l’affermazione del
Ministro Franceschini, quando dice di essere a capo del più
importante dicastero “economico” – uno dei settori trainanti del
nostro Paese, e soprattutto deve essere il metodo con cui immaginare
il futuro del Paese.
Noi non vogliamo,
vinto il titolo di capitale europea della cultura, diventare una
Venezia del sud, con tutto il rispetto per la più bella città al
mondo; o almeno non cadere nelle trappole descritte da Salvatore
Settis nel suo ultimo libro, non vogliamo perdere abitanti ma anzi
attirarne dei nuovi, come ha saputo fare una delle due capitali
europee della cultura 2014, la svedese Umea che, a dispetto della
sua localizzazione, nel cuore della Svezia a 700 km da Stoccolma
senza alta velocità ma solo grazie alla propria qualità di offerta
accademica e tecnologica ha saputo attirare giovani, imprese,
talenti da tutta la regione baltica.
Ecco Matera, in
stretta sintonia con tutta la regione Basilicata, intende costruire
due spazi esemplari:
una Open Design
School nel cuore dei Sassi e un nuovo Istituto per lo studio della
Demo Etno Antropologia, un nuovo sistema di realizzazione e di
utilizzo di archivi come quello accennato nel saggio “Cultura e
memoria” di Rossana Rummo; questi due luoghi, insieme al nuovo
Centro di Restauro, insieme a quell’esempio di museo aperto, di
nuova casa della cultura che è Palazzo Lanfranchi, gestito con
lungimiranza e passione da un dirigente pubblico, il soprintendente
Marta Ragozzino, diventeranno i capisaldi della produzione culturale
dell’intero territorio.
Luoghi anch’essi
aperti, dove far interagire programmaticamente arte e scienza, dove
contaminare ricerche e intelligenze.
Nelle prossime
settimane talenti di valore mondiale come il regista Amos Gitai,
come l’artista contemporaneo Tomas Saraceno, come la musicista
Bjork, come il fotografo Armin Linke saranno a Matera non a
perfomare ma a produrre, scegliendola come luogo di riflessione sul
futuro dell’uomo.
E lavoreranno con i
nostri concittadini, come hanno già fatto gli amici di Unmonastery
che da tutta Europa sono venuti da marzo a luglio di quest’anno a
trovare soluzioni ottimali per la nostra città sperimentando in
anteprima progetti validi per tutte le città come Matera, che per
numero di abitanti e per tipologia di ubicazione costituiscono
(forse il dato vi sorprenderà, ma è così!) circa il 70% del
patrimonio urbano europeo.
Grazie all’Open
Design School desideriamo conteporaneamente ridisegnare
collettivamente tutto il nostro territorio, rendendolo sempre più
bello e sicuro, non solo negli spazi pubblici urbani, ma in tutte
quelle aree di sosta che assomigliano a dei veri e propri
caravanserragli e che vogliamo migliorare non solo e non tanto con i
fondi della cultura, ma orientando anzi al meglio i fondi per le
infrastrutture, facendo collaborare artisti, architetti paesaggisti,
designer, ingegneri, amministratori.
Perché il nostro
paese deve tornare ad essere 100% bello, 100% sicuro, 100% aperto
all’innovazione. E gli spazi dell’agricultura, grazie alla
programmazione 2014-2020, in molte aree del paese, e a partire anche
da quella grande occasione di politiche e di promozione che si
chiama Expo Milano 2015, possono essere altrettanto importanti e
altrettanto gravidi di innovazione e ricchezza che i più
tradizionali spazi urbani.
Noi crediamo che i
fondi per lo sviluppo della cultura non stiano solo nei capitoli di
spesa del MIBACT, o dei singoli assessorati competenti a livello
regionale o comunale (questi ultimi in verità molto dissanguati!),
ma che la cultura sia la più grande politica orizzontale necessaria
al paese, che non deve consumare vecchi prodotti e vecchi stili di
vita, ma produrre nuove idee per la collettività mondiale, che da
sempre ci riconosce leader su questi temi ma che ora comincia a
dubitare della nostra capacità di essere ancora competitivi in certi
settori.
Matera intende
dunque, con chiarezza e determinazione, le stesse che abbiamo usato
nel percorso di candidatura, diventare un centro di sperimentazione
sociale, culturale e tecnologica: questo darà vita a nuova economia.
I nostri 1000
bambini che hanno realizzato il più grande Coderdojo d’Europa,
provando a programmare da soli i codici del computer, facendo cose
che nessuno di noi con più di 40 anni può nemmeno immaginare, sono
davvero la nuova frontiera del paese.
La Basilicata per
molti decenni è stata la regione più povera d’Italia e una delle più
povere d’Europa, con il più basso tasso di lettura e con la più
bassa frequentazione di spettacoli dal vivo.
Ma chi fosse stato
con noi qualche settimana fa a vedere come cittadini lucani,
pugliesi, calabresi (di Potenza e Matera, di Bari e Brindisi, di
Crotone) hanno realizzato con Virgilio Sieni, uno dei più importanti
artisti plastici contemporanei, i quadri di danza ispirati al
Vangelo secondo Matteo di Pasolini , in collaborazione con la
Biennale di Venezia, e negli stessi spazi dove è ancora allestito la
più importante mostra prodotta a sud nel 2014, ovvero quella
dedicata proprio a Pasolini e ai 50 del suo arrivo in città per
girarvi il suo capolavoro, ecco quel gap non l’avrebbe proprio più
visto.
Un gap non oscurato
dalla bellezza della città – che certo bellissima è, di un fascino
unico e non ripetibile, e dalla storia millenaria, che qualche
decennio fa avrebbe potuto essere trasformata in collasso definitivo
– ma invece sconfitto proprio dai cittadini, motori volontari di
quello che sta accadendo, persino in contrasto con certe élite
retrograde che pensavano di essere unici detentori della cultura!
Tutto questo è stato
possibile anche creando una forte interazione tra media
apparentemente tradizionali (come ad esempio le televisioni e i
quotidiani locali, con cui siamo riusciti a creare una clima di
collaborazione e di creatività al di là di ogni più rosea
aspettativa, creando addirittura un canale tematico bilingue
accessibile a tutti 24 ore al giorno) e una comunità on line fatta
di appassionati, volontari e esperti che è diventata un vero e
proprio esempio nazionale, come dimostrano le nomine dei
digitalchampions avvenute al Tempio di Adriano qui a Roma la scorsa
settimana e quello che proprio oggi sta accadendo in tutta la
Basilicata grazie all’apporto di Wikitalia, di Riccardo Luna e di
moltissimi lucani ai vertici dell’innovazione digitale.
Nonostante i nostri
sforzi, i nostri entusiasmi e i nostri successi, ovviamente ancora
molto resta da fare. Di tutti i dati del rapporto, lo dico
sinceramente e in chiusura, quello che mi ha più preoccupato è
proprio quello della partecipazione attiva degli italiani alle
attività culturali, richiamato da Roberto Grossi e da Pierluigi
Sacco in cui in Europa, secondo l’Eurobarometro, saremmo ultimi.
Ecco, questa è la
sfida di tutti noi, e di Matera 2019 e del mezzogiorno d’Italia in
particolare: immaginare nuovi modelli sociali, produrre nuovi
contenuti con nuove tecnologie,rendendo i cittadini protagonisti.
Una sfida che
conosciamo bene e alla quale ci alleniamo tutti i giorni grazie a
insegnanti e studenti, grazie ad associazioni culturali e alle
istituzioni, ma anche grazie ai tantissimi privati che ci hanno
sostenuto in questi anni, aziende e singoli, con risorse economiche
ma anche e soprattutto mettendo a disposizione tempo e competenze.
Una sfida culturale
certo! Ma anche demoocratica. Una sfida che ci piace e per la quale
saremo al servizio del Paese e dell’Europa.
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