4 nov. 2013 – Il
saluto del sindaco di Matera , Salvatore adduce
Celebriamo oggi il 95' anniversario
della fine della prima guerra mondiale. Quasi un secolo è passato da
quei giorni che videro la conclusione del conflitto più doloroso e
disastroso che fino ad allora si era mai verificato.
Una carneficina senza precedenti che
coinvolse 28 nazioni.
La guerra era durata 4 anni, 3 mesi
e 14 giorni di combattimenti.
Le vittime nelle forze di terra
furono più di 37 milioni.
La guerra produsse indirettamente
quasi altri 10 milioni di morti tra la popolazione civile.
Negli anni immediatamente successivi
alla conclusione della “grande guerra”, nelle piazze di tutti i
nostri paesi e delle nostre città furono eretti monumenti che
ricordano il sacrificio di tanti contadini, artigiani, braccianti,
professionisti, tutti giovani che furono chiamati a svolgere una
funzione decisiva per la nazione.
Si trattava in gran parte di intere
classi anagrafiche che solo in quella occasione conobbero la patria.
Venivano da paesi sperduti del sud,
del centro e del nord Italia, in gran parte immersi in una tremenda
povertà.
Negli anni del ventennio fascista il
ricordo della “grande guerra” fu strumentalizzato in chiave
retorica, richiamando fasti militari che in effetti non si erano
verificati.
Ciò che si era verificato certamente
erano le gesta eroiche di un esercito popolare che volle dare
all’Italia la sua indipendenza.
A circa un secolo dalla conclusione
del conflitto, oggi in modo razionale possiamo affermare che il
grande sacrificio di migliaia di giovani soldati non fu vano e che
grazie a quella generazione di italiani è stato possibile edificare
la nostra nazione restituendole dignità, indipendenza e libertà.
Fu in effetti l’ultima guerra di
indipendenza che comportò la partecipazione popolare grazie
all’esercito e alle forze armate che oggi festeggiamo perché
costituiscono il baluardo della sicurezza del nostro Paese.
Oggi onoriamo dunque
quegli eroi. Onoriamo quegli italiani i cui nomi sono impressi sulle
lapidi dei monumenti ai caduti. Onoriamo anche tutti quelli di cui
non conosciamo neppure i nomi.
E onoriamo il Milite
Ignoto.
Lo spirito con cui
ricordiamo quel passaggio cruciale della storia recente del nostro
Paese è allo stesso tempo di orgoglio per la riconquistata libertà e
indipendenza ma al tempo stesso di grande tristezza per il prezzo
altissimo pagato da una intera generazione che fu falcidiata a causa
del conflitto.
Onoriamo oggi quegli
uomini, quei contadini, quei lavoratori chiamati a svolgere una
funzione straordinaria.
Senza possedere in
gran parte gli strumenti della conoscenza e della cultura, quei
giovani risposero generosamente all’appello della Patria. Fu posta
sulle loro spalle una grande responsabilità e furono all’altezza del
compito loro assegnato.
Ma ancora una volta,
il richiamo a quelle pagine della nostra storia non va fatto per
esaltare la guerra!
Anzi! Siamo qui come
ogni anno per respingere la cultura dell’esaltazione della forza
militare e della guerra.
Siamo qui per
rivolgere a quei caduti il nostro pensiero di gratitudine e
compassionevole per l’enorme sacrificio, ma al tempo stesso per
assumere ciascuno di noi l’impegno a combattere la cultura della
guerra, la cultura della sopraffazione, la cultura della violenza,
la cultura della discriminazione razziale, la cultura della
discriminazione sessuale, per scegliere con convinzione la cultura
della tolleranza, dell’accoglienza, della pace.
Siamo qui come in
tutte le città italiane oggi per “scambiarci un segno di pace” come
accade durante la liturgia della Chiesa.
Perché da ciascuno
di noi e collettivamente parta un monito a non ripetere esperienze
tragiche come quella di un secolo fa.
E le Forze armate,
ancora una volta le nostre Forze armate sono chiamate oggi a
svolgere un ruolo nuovo ed essenziale proprio per salvaguardare la
PACE!.
La stabilità e la
sicurezza internazionali sono beni pubblici comuni a tutti i Paesi
liberi e democratici; sono le condizioni necessarie - pur se non
sufficienti per lo sviluppo economico e sociale, e nessun Paese
libero e
democratico può sottrarsi al dovere di contribuirvi, nel proprio
interesse e in quello di tutta la Comunità Internazionale.
Le Nazioni Unite,
l'Alleanza Atlantica, l'Unione Europea sono
interpreti e strumenti operativi di questo dovere condiviso.
Esprimiamo qui la
nostra gratitudine ai nostri soldati che si trovano ancora in
Afghanistan e in Libano.
Permettetemi anche
di rivolgere un pensiero ai due marò
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone
che sono ancora trattenuti in India.
Le Forze Armate
italiane hanno intrapreso da tempo, pur nei limiti
imposti dalle ridotte risorse a disposizione, un significativo
processo di razionalizzazione, volto a mettere in campo capacità
operative più idonee rispetto alle effettive minacce da
fronteggiare negli attuali scenari di impiego.
Rendiamo onore a questi uomini, riconoscendone l'impegno e la
professionalità.
Siamo orgogliosi di
quanto essi fanno ogni giorno,
in nome del nostro Paese e della Comunità Internazionale.
E rinnoviamo l'omaggio alle Forze Armate come struttura
portante, insieme ad altre, dello Stato democratico. Quello Stato
nazionale unitario, nato 150 anni fa, che deve restare punto di
riferimento e di continuità per tutti i cittadini.
Credo, infine, di
interpretare i sentimenti di tutti voi nel rivolgere al Capo dello
Stato, al Presidente Giorgio Napolitano il saluto più affettuoso
della nostra comunità.
Viva le Forze
Armate, viva la Repubblica, viva l'Italia unita!
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