Museo
Archeologico Nazionale
Piazza San Francesco
LAME DEL
RISORGIMENTO
In
ambito della “XIII Settimana della Cultura”, indetta dal Ministero
dei Beni e Attività Culturali, il Museo Archeologico Nazionale di
Campli ha inaugurato oggi (12-4-2011) una Mostra intitolata “Lame
del Risorgimento”: un’esposizione di materiali risorgimentali (dal
1848 al 1870) riecheggianti per forme e stile oggetti di epoca
romana e preromana dal civis romano al civis risorgimentale, simili
per ideali e accessori militari.
Sono intervenuti il dott. Glauco Angeletti, Direttore del Museo
camplese, e l’ing Gabriele Giovannini, Sindaco di Campli.
La manifestazione s’inserisce nel vasto contesto di eventi
celebrativi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
La mostra, dotata di piccolo catalogo, dura fino al 31 dicembre
2011.
Testo di presentazione della mostra di Glauco
Angeletti, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Campli
Il XIX° secolo
rappresenta il momento di massima diffusione numerica e qualitativa
dell’uso bellico dell’arma bianca.
Le guerre
napoleoniche, che avevano trasformato completamente le strategie e
le tattiche sul campo ove non più ristrette compagini, ma centinaia
di migliaia di uomini si affrontavano con armi da fuoco ancora ad
avancarica, dettero il massimo impulso alla produzione industriale
di armi bianche.
Se a questo
concetto quantitativo uniamo la necessità, e più spesso la volontà,
di nuove specializzazioni e differenziazioni nell’armamento delle
unità combattenti avremo la risposta al perché di così grandi
varietà di materiali e stili.
La corta e pesante
sciabola da fanteria francese, il briquet, è per numeri l’arma
bianca più diffusa nel mondo ed in alcuni casi, come in Italia,
anche la più longeva.
La sua forma e
dimensioni, adatta al combattimento corpo a corpo, ne facevano un
ottimo ausilio e spesso sostituto del lungo fucile, tipo anno IX, ad
avancarica che terminato il momento dell’assalto diveniva spesso
d’impaccio al combattente.
Il briquet fu
imitato da tutti gli eserciti europei, anche americani, e quindi da
tutto l’orizzonte militare ottocentesco; la sua diffusione, dopo
l’epopea napoleonica, continuò sia per le grandi scorte venute a
crearsi con la riduzione dell’esercito francese sia per le già
citate doti di versatilità e portabilità.
Nella nostra
penisola, sia per motivi politici che economici, gran parte degli
Stati preunitari attinsero, almeno nel primo trentennio del secolo,
ai surplus francesi già presenti nel territorio nazionale o di
facile acquisto a prezzi modesti; questo dato comporta una sorta di
uniformità di armamento di tutti gli eserciti ad eccezione di quello
austriaco che avendo proprie fonti nazionali si distingue per alcune
particolarità costruttive e di specializzazione.
Il vero momento di
cambiamento è il 1848 e non solo per le ovvie necessità legate alla
I^ Guerra di Indipendenza ma per il mutato clima politico ed il
nuovo concetto che si vuole dare alla guerra, essenzialmente visto
come di liberazione da un oppressore straniero portatore di
arretrati concetti di dispotismo dinastico ultranazionale.
Il 1848, a
cominciare dallo Stato pontificio, vede la concessione della
Costituzione ed il nascere della Guardia Civica in ogni Stato
italiano. La Guardia Civica è una organizzazione paramilitare
volontaria che si affianca, ma è anche antitetica, all’esercito di
carriera.
I suoi componenti
sono cittadini impegnati in altre professioni che però esercitano,
alla bisogna, il mestiere delle armi, essi sono considerati gli
eredi del Civis romanus, da qui il nome, uomo libero di uno Stato
libero pronto a combattere per la propria libertà ed indipendenza.
Da questa profonda
differenziazione ideale discende la volontà di riconoscibilità
immediata con l’uso di armi ed accessori propri e di grande portata
mediatica. Nasce e si diffonde l’uso della daga come arma da fianco
sia in battaglia che nei più usuali compiti d’istituto. Queste armi
non sono la naturale evoluzione delle daghe ed armi corte medioevali
o rinascimentali ma la ricostruzione “storica” dell’arma per
eccellenza del legionario romano: il gladio. Da questo prototipo,
che nella Civica Pontificia è speculare all’originale, nascono una
serie numerosissima di varianti destinate alle più differenti
specializzazioni, dai pontieri ai pompieri, a sottolineare vieppiù
questa volontà loro di indipendenza contrapposta all’uniformità
dell’esercito stabile e “dinastico”.
Questa grande
diffusione e differenziazione si coglie per tutta la seconda metà
dell’ottocento sino agli anni ’80 quando la Guardia Nazionale, erede
per compiti ed ideali delle Civiche, verrà di fatto esautorata dai
Savoia attenti a non permettere la presenza di cittadini armati ed
organizzati ancorché destinati a compiti di assistenza alle Forze di
Polizia.
Alle daghe e
sciabole da fanteria si affiancano quelle armi che per destinazione
d’uso o necessità personali definiremo da offesa, sono quelle da
cavalleria artiglieria o per gli ufficiali cioè per tutti coloro che
usano, al contrario che la fanteria, l’arma da fuoco come estrema
difesa.
Anche qui l’uso
comporta tecniche costruttive e progettazioni differenti che possono
essere riportate ad una duplicità di base: la cavalleria di linea, o
pesante, ha sciabole di grandi dimensioni e con lama diritta quindi
adatte alla carica di grandi reparti; la cavalleria leggera ha armi
di dimensioni leggermente più piccole e con lame di differente
curvatura; si va dagli Ussari che conservano l’accentuata curvatura
delle armi ottomane a tutti altri Reparti in cui la sciabola ha
dimensioni e curvatura quali siamo più abituati a rilevare. Se nelle
armi della truppa i fornimenti, l’insieme dell’impugnatura, hanno
scopo di difesa e contrappeso, nelle dotazioni degli ufficiali ha il
sopravvento la volontà di distinzione da quì il nascere di ulteriori
variazioni, dovute ad armaioli-artisti, sul tema ed alla estrema
variegazione degli esemplari rinvenuti.
La mostra vuole
sottolineare, in questa visione specialistica e non parziale, alcuni
aspetti di questo settore prendendo lo spunto da tre grandi realtà
presenti sul territorio: Il Regno di Napoli, lo Stato Pontificio ed
infine il Regno d’Italia, erede del precedente Regno di Sardegna.
Di ognuna di queste
realtà è stata individuata una seriezione di oggetti atti a
rappresentare alcune singole realtà, la Guardia d’Onore per il Regno
di Napoli o la Guardia Civica Pontificia, ed in grado di essere
confrontate tra loro anche solo con l’apprezzamento visivo al fine
di essere stimolo al necessario successivo approfondimento storico.
Ultimo scopo, ma
non per importanza, è quello di riportare questi oggetti alla loro
essenzialità iniziale liberandoli di quelle superfetazioni che
l’aggressività umana spesso gli attribuisce.
Nicolino Farina del Museo Archeologico Nazionale di Campli
per informazioni tel. 0861.569158 – 380.3258440
|